
Tre casettine dai tetti aguzzi, un verde praticello, un esiguo ruscello: Rio Bo, un vigile cipresso. Microscopico paese, è vero, paese da nulla, ma però… c’è sempre disopra una stella, una grande, magnifica stella, che a un dipresso… occhieggia con la punta del cipresso di Rio Bo.
Una stella innamorata? Chi sa se nemmeno ce l’ha una grande città.
Una poesia che ha avuto una immensa fortuna antologica per la sua assoluta semplicità e per l’immagine della grande stella sul paesino, stella che “nemmeno ce l’ha / una grande città”. Il che è forse una sorta di messaggio per cui solo nei luoghi piccoli, come nelle piccole cose, si può trovare la felicità.
Partiamo dal nome, piccolissimo come il paese, due sillabe, Rio Bo: il rio prevede almeno un ruscello, che in effetti c’è. Le tre casette non possono avere che tetti aguzzi, come nelle fiabe. E fiabesca è la stella personificata, innamorata, forse del cipresso a cui forse fa l’occhiolino. (Il verbo occhieggiare può essere usato transitivamente in questa accezione; intransitivamente nel significato di fare capolino. Entrambi si adattano alla situazione).
E c’è il cipresso, che indica un cimitero. Si muore a Rio Bo? Sì, come dovunque. Ma il cipresso rientra in quella fiaba che – a saperla guardare dal verso giusto – è la vita.
Palazzeschi è stato un grande poeta: nelle sue poesie tutto è asservito al gioco compositivo, fonetico, e allo straniamento – manca l’io e mancano i sentimenti. Anche qui, in definitiva, sono gli elementi compositivi che – in modo assolutamente paratattico – dominano il paesino, col piccolo ruscello e il praticello. Un paese da presepe che, nella stella innamorata, ha la sua cometa.
Bibliografia:
ALDO PALAZZESCHI, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2002
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