Verona – Chiesa di San Fermo

Chiesa inferiore

Pensavo di dover affrontare la scalinata esterna, invece entriamo dal chiostro perché si paga il biglietto. Ci sono scale per salire nella chiesa superiore e scale per scendere nella inferiore.
Visitiamo prima la chiesa inferiore, benedettina. Risale all’XI sec., ha tre navate ed è davvero suggestiva. Le volte e gli archi hanno decori semplici, ma poetici. Spesso vi è dipinto il fiore a sei petali, detto anche fiore della vita.

Il fiore della vita è composto di sei petali uguali, qui iscritti in una doppia circonferenza. È un simbolo antichissimo che si trova rappresentato in molte culture del mondo, con significati differenti.
In genere è simbolo di equilibrio, armonia e rinascita.
Qui il fiore a sei petali è cristianizzato ed è probabilmente un simbolo benedettino: i monaci benedettini furono, infatti, i primi detentori di San Fermo, prima dei francescani.

Il crocifisso ligneo risale al ‘300.

Sui pilastri della navata centrale vi sono alcuni affreschi di carattere votivo.
In questa chiesa erano conservate infatti le reliquie dei santi Fermo e Rustico, cui la chiesa è dedicata.

Chiesa superiore

La chiesa superiore è invece francescana, con il grande spazio dell’aula a navata unica, destinata ad accogliere la massa dei fedeli.

Ciò che più colpisce è il soffitto ligneo originale, a carena di nave rovesciata, capolavoro di ingegneria medievale; in legno di larice, che garantiva leggerezza, resistenza e lunghezza delle travi (i larici crescevano in abbondanza nei boschi veneti e trentini, e venivano facilmente trasportati lungo l’Adige).
Nel soffitto sono dipinti 416 busti di santi, disposti su due registri, a destra e a sinistra.

Nell’arco trionfale vi sono affreschi trecenteschi. Nel settore mediano, a destra, si vede Guglielmo di Castelbarco che presenta a Dio il modellino della chiesa (ne fu il finanziatore dal 1314 al 1320).
Tutto il catino absidale è affrescato.

Nella controfacciata è affrescata questa stupenda Crocifissione del metà del ‘300, opera di Turone di Maxio, innovatore della pittura trecentesca a Verona. Notare la drammaticità delle espressioni e la vivezza dei colori. Il personaggio ai piedi della croce assomiglia a Dante, ma non è sicuro che sia proprio lui.

Sopra la porta laterale è affrescata un’altra Crocifissione, opera attribuita alla scuola di Turone di Maxio e risalente al 1363.
Il portone è quello originale medievale, con chiavistelli e serrature rinforzate.

Il pulpito, fulcro della chiesa francescana, in marmo rosso e bianco di Verona, è opera di Antonio da Mestre; è del 1396. La parte scultorea ha affreschi coevi di Martino da Verona.
La guglia è formata da una cuspide in legno dipinto.

E parte la discussione sulla differenza fra pulpito e ambone, perché effettivamente spesso si dice l’uno per l’altro. Rapida consultazione di Google. Io, poi, ci ho aggiunto la Treccani e le conclusioni sono le seguenti:

Il pulpito si trova nel cuore della navata maggiore, spesso addossato a un pilastro; l’oratoria che vi si svolge, non è necessariamente collegata all’azione liturgica (si parla dei tempi dei grandi predicatori, che si spostavano da una chiesa all’altra; pensate a fra Cristoforo), l’arricchisce e magari la interpreta, ma non ne è parte.
L’ambone, invece, si trova all’interno del presbiterio; serve al canto del solista, alle letture o alla predicazione del vescovo: tutte attività connesse con la liturgia sacramentale. Oggi è diventato il podio con leggio per le letture e le preghiere.

Mausoleo Brenzoni

Monumento funebre di Niccolò Brenzoni, morto nel 1422, è il capolavoro della chiesa. La parte scultorea è opera di Nanni di Bartolo, fiorentino; la parte pittorica, ad affresco, del Pisanello. Qui trionfa il Gotico internazionale.

Il monumento vero e proprio è composto da un sarcofago che viene aperto da un angelo e da cui esce il Cristo risorto.
In basso quattro guardie addormentate su un suolo roccioso.
In alto, due angioletti scoprono il drappo, formando una specie di tenda triangolare, sulla cui sommità si trova una scultura del profeta Isaia, inserita in un baldacchino dipinto.
Il monumento è inquadrato da una cornice rettangolare.
Entro la cornice, ai lati del tendaggio, si trovano l’Angelo Annunciante e la Vergine annunciata, raffigurata in un castello gotico.
L’Angelo presentava ali in blu di lapislazzuli (rovinate dalla caduta del colore e dall’ossidazione delle parti metalliche); la Vergine si trova entro un
edificio con cupola dorata; è incoronata da un’aureola punzonata e ha il mantello blu; è colta dall’angelo nel momento della preghiera. L’interno della camera della Vergine viene reso profano da Pisanello con un letto profilato d’oro, un tappeto orientale, un arazzo rappresentante una scena di corteggiamento, e un cane, simbolo di fedeltà e devozione.

Altare di S. Giuseppe o dei Marangoni (1608).
Sull’altare, Alessandro Turchi detto “l’Orbetto”, Adorazione dei pastori. Il quadro è bello: la Betta lo ha fotografato più di una volta.

Altare di S. Raffaele (1523)
Sotto la mensa d’altare, Compianto di Cristo morto (inizio ‘500).
Mi piacciono tanto i gruppi lignei devozionali!

Cappella degli Alighieri (1550 c.)

Accanto all’altare precedente, nel transetto destro.
Anche se vi sono sepolti un paio di discendenti di molte generazioni dopo Dante, è comunque emozionante trovare qui lo stemma della famiglia, che riproduce un’ala.
Questa famiglia veronese discendeva da Pietro Alighieri, figlio maggiore del poeta, che si trasferì a Verona dopo la morte del padre e vi esercitò l’attività notarile1.

1 Pietro è invece sepolto nella chiesa di san Francesco a Treviso.

Le fotografie sono state scattate da E. Melchiori, C. Caretta, F. Gazzoni