Urbino – Oratorio di San Giovanni Battista

L’Oratorio di San Giovanni Battista è il gioiello di Urbino.

Una sola sala contiene il mondo.

Affrescato con un ciclo d’affreschi dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni, è stato terminato nel 1416.
E ti viene da chiederti come hanno fatto: dico, i fratelli Salimbeni erano di San Severino Marche; come hanno fatto a conoscere così bene il gotico internazionale? Quello esplodeva in Francia coi fratelli Limbourg o in Lombardia. Quel gotico fiorito, così generoso di dettagli (di fiori, piante e animali), di natura fiabesca, di abiti alla moda, di volti espressivi; e quella tendenza al bello, all’elegante, al gentile, al cortese – che ne sapevano della cortesia delle corti, nella periferia delle Marche d’allora?
Anche perché questi affreschi sono uno dei migliori esemplari dello stile gotico fiorito.
Guardiamo una cosa dell’Oratorio: la grandiosa, strepitosa Crocifissione.

Al di là della scena madre, con il Cristo e i due ladroni crocifissi, la Madonna svenuta, ci sono mille particolari curiosi che siglano l’incanto di quest’opera. Notare:

  • in alto, la croce è diventata l’albero della vita e, fra i suoi rami, il pellicano ha costruito il suo nido, insidiato dal serpente. Il pellicano, simbolo di Cristo, che nutre i suoi piccoli, lacerandosi il petto e donando loro il proprio sangue;
    (così si credeva nel passato – e come simbolo cristiano era perfetto; in realtà, i pellicani curvano il becco verso il petto per prendere i pesci che trasportano nella sacca e nutrirne i figli);

  • sempre in alto, ma attorno alla croce, gli angeli disperati, sullo sfondo blu lapislazzulo, che raccolgono in coppe dorate lo zampillante sangue del Cristo;

  • il ladrone buono sulla sinistra (cioè alla destra di Gesù) e la sua anima“neonata” salvata da un cherubino;

  • sulla destra, il diavolo che incombe sul ladrone cattivo: al posto degli occhi ha due minuscoli specchi, che dovevano creare un effetto terrificante alla luce delle candele;

  • al centro, di fianco alla croce, c’è un giovane con un vistoso copricapo alla fiorentina (e che mi ricorda tanto Masolino nella Cappella Brancacci al Carmine) che si rivolge a un vecchio che lo affianca; da lui escono le parole dirette alla croce “vere filius dei erat” (“era davvero in figlio di Dio”);

  • il suo strepitoso cavallo bianco, che ci guarda con occhi tristi – sembra l’essere più umano di tutti;

  • ai piedi della croce, il soliti teschio di Adamo. E una scenetta incredibile di due bambini che litigano e uno tira un calcio al secondo – e proprio ai piedi della croce!

  • il dolore urlato della Maddalena, con le braccia levate al cielo, la veste rossa, i lunghi capelli dorati e ondulati;

  • di fronte a lei, san Giovanni si inarca all’indietro in un quasi identico gesto di disperazione;

  • fra loro, più in basso, a filo con la croce, la Madonna svenuta, soccorsa dalle pie donne;

  • fra la varia umanità intorno, sulla destra, un ragazzo dai riccioli biondi, elegantissimo nella veste a decori floreali, ci guarda, come a farci entrare nella scena; è l’unico personaggio che lo fa (ad eccezione dei cavalli). Gli occhi degli altri sono rivolti altrove;
  • in basso, i soldati intenti al gioco; lo scudo di uno di loro ha la sigla S.P.Q.R., per ricordare l’occupazione romana;

  • in basso, verso sinistra, una donna – che poco prima soccorreva Maria – accorre verso il figlio piangente e spaventato , forse colpito dal cavallo che scalcia.

La fotografia in alto è stata scattata da Fiorenza Gazzoni. Le altre le ho scaricate dal web.